Tribunale di Treviso: condanna per responsabilità aggravata (art. 96 cpc) per chi propone un’opposizione “inconsistente” all’ingiunzione di pagamento

Tribunale di Treviso: condanna per responsabilità aggravata (art. 96 cpc) per chi propone un’opposizione “inconsistente” all’ingiunzione di pagamento
08 Febbraio 2017: Tribunale di Treviso: condanna per responsabilità aggravata (art. 96 cpc) per chi propone un’opposizione “inconsistente” all’ingiunzione di pagamento 08 Febbraio 2017

Proporre un’opposizione a decreto ingiuntivo palesemente infondata, e quindi defatigatoria, può costare caro. Non è raro che espedienti processuali del genere vengano impiegati da chi tenta in ogni modo di dilazionare il pagamento di un credito, magari fissando una prima udienza della causa di opposizione a mesi di distanza e sperando poi in un generoso rigetto dell’inevitabile istanza di provvisoria esecutività da parte del Giudice. Il Tribunale di Treviso, con la sentenza n. 162/2017, ha dovuto pronunciarsi in un caso del genere. Dopo aver esaminato e rigettato tutte le difese dell’opponente, il Giudice ha ritenuto che l’”inconsistenza dell’opposizione” meritasse la sanzione prevista dal terzo comma dell’art. 96 c.p.c. (aggiunto al testo originario della disposizione dall’art. 45, comma 12, della l. 18 giugno 2009, n. 69) e lo ha quindi condannato “al pagamento di una somma pari a € 2.000,00”, oltre interessi legali, in favore dell’opposto. La sanzione è stata determinata moltiplicando la somma di € 500,00 per ogni anno della durata della causa e la sua ragion d’essere è stata ravvisata nel “verosimile disagio che la parte resistente può aver subito per essere stata costretta a contrastare un’ingiustificata iniziativa dell’avversario”. D’ora in avanti, quindi, chi assume iniziative del genere si espone ad una condanna che può andare ben oltre a quella per le sole spese di lite. Com’è noto, infatti, la nuova norma prevede che “in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”. Sulla natura del nuovo istituto processuale si è recentemente pronunciata anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19285/2016, che ne ha affermato “la natura sanzionatoria e non risarcitoria”, diretta a reprimere il fenomeno dell’”abuso del processo”. Secondo la Cassazione, ciò che distingue quest’ultimo dal legittimo “esercizio del diritto processuale” è proprio la “mala fede o colpa grave” della parte, e cioè l’”elemento soggettivo” che connota il comportamento di chi utilizza un istituto processuale (come un’impugnazione o la stessa opposizione a decreto ingiuntivo) per scopi sostanzialmente diversi rispetto a quelli che il legislatore le ha affidato. In tal senso “la conclamata infondatezza della prospettazione giuridica con cui si agisce o con cui ci si difende” ovvero “una inconsistenza giuridica” facilmente percepibile delle tesi sostenute dimostra di per sé stessa l strumentalizzazione dell’iniziativa giudiziale (o della resistenza in giudizio) per finalità diverse rispetto a quelle che le sono proprie e, dunque, l’abuso del processo sanzionabile ex art. 96, comma terzo c.p.c..

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